Aggiorna le preferenze sui cookie
top of page
  • Marcello Usai

Perché intraprendo questo percorso. Lo spirituale attraverso l’Arte.




“L’Arte mi permette di esternare i miei lati più oscuri”[1]

Agostino Arrivabene


“Quanto più migliorate voi stessi, tanto più eleverete coloro che vi circondano. Colui che cerca di migliorare se stesso è una creatura sempre più felice. Quanto più siete felici, tanto più saranno felici coloro che vivono accanto a voi.”

Paramahansa Yogananda[2]



Perché utilizzo lo strumento artistico, e faccio di ciò la mia attività principale?

A prescindere dal periodo storico in cui mi trovo, dalla massificazione e dall’omologazione culturale, tento ogni volta che posso di riflettere sul fatto del perché sono qui, in questo preciso contesto storico, a fare ciò che faccio. Credo che sia un quesito che rimbalza spesso all’interno della mente e che trova delle risposte a volte soddisfacenti, a volte meno; ma questo temo, è il gioco della vita. Solo alla fine del ciclo sapremo concretamente ciò che abbiamo fatto e perché.

Ora vorrei far scoprire a coloro che si approcciano al mio lavoro artistico, le basi che mi hanno portato, mi portano e mi porteranno a proseguire questo per me vitale cammino.



PENSIERO

Una delle prime risposte che mi do è esplorare i vari lati di me stesso.

Esplorare me stesso lo intendo come un percorso costante, che mi permette di dare forma alle immagini che dal mio inconscio fluttuano nel mare della mente, senza apparenti legami logici con la realtà che sto vivendo. Proprio per dare corpo a queste immagini, ho sempre necessitato dello strumento artistico per vederle da fuori, e scoprire se le amassi o odiassi, o entrambe le cose allo stesso momento. Dico anche odiare perché l’arte, come nella frase incipit dell’articolo, mi ha permesso di tirare fuori anche i lati più oscuri e non solo le immagini che volevo vedere; i lati più bui, le mie ombre, i volti terrificanti della psiche, sono piantati come rocce nel terreno del paesaggio interiore, ma vanno comprese, osservate, accolte. La cosa peggiore che un individuo può fare per la sua evoluzione è negare questi lati di se, nasconderli in qualche angolo buio, perché essi, come un bambino ferito, verranno fuori con veemenza quando meno sarà indicato permettergli di esprimersi.

Ognuno può trovare il proprio modo di far manifestare e integrare in se queste parti, se ha svolto un corretto “percorso di integrazione” (come lo intenderebbe Jung); mettere in luce ciò che ama e ciò che detesta, ma dando ad entrambi la medesima importanza nel proprio “viaggio dell’Eroe”. Io ho necessità di vedere queste parti, dargli appunto, una forma, e parallelamente arricchirle di sostanza con cui “nutro” quelle immagini. Le accolgo su un supporto fisico nel mondo della materia per rappresentarmi in uno dei miei frammenti che andranno a comporre in futuro, forse, un opera organica.

Il processo non appare per nulla facile, amo farlo perché lo avverto come una vera e propria necessità intrinseca nel mio essere, ma in certi momenti appare anche come un reale tormento, una continua tensione che si dissipa quando riesco a porre in essere ciò che rimane bloccato magari per giorni, o mesi, dentro cammini interiori complicati. La fase creativa non è mai priva di ostacoli, non fluisce sempre come una canoa sul fiume, come si potrebbe pensare, ma si scontra spesso con ostacoli dettati dal nostro modo di essere, di approcciarci all’esistere, i nostri pensieri e credenze limitanti, e noi dobbiamo capire se abbattere quel muro, o prendere in considerazione il fatto che l’ostacolo c’è, accoglierlo e superarlo nel modo più virtuoso possibile.

Allo stesso tempo però, portandolo su carta, tela, legno, o altri tipi di supporti, provo anche una profonda gioia data dal fatto che ho trovato la chiave adatta a quel momento, per esprimere ciò che fino a qualche tempo fa avrei reputato impossibile, e posso comunicarlo a me ed agli altri nel modo migliore possibile in quel determinato momento.

Non si vedrà probabilmente lo stile o la tecnica pittorica migliori del mondo, ma per quelli si può sempre e comunque migliorare, e affinare le capacità espressive e artistiche per rendere meglio ciò che voglio portare a mostrare tramite la forma.

Occupati della forma, in essa ritroverai l’Uomo” è un aforisma scritto da Luigi Snozzi[3], uno di quelli che ritengo dei miei Maestri dal punto di vista rappresentativo. È probabilmente il suo miglior insegnamento spirituale, anche se lui nello specifico parlava di architettura in relazione al territorio, ma magari senza saperlo, forniva perle derivanti dalla sua esperienza di vita e di progettazione.


u delle più recenti foto dell'architetto svizzero Luigi Snozzi
L'architetto ticinese Luigi Snozzi

La sua esperienza era di un’arte e scienza architettonica vista come strumento di realizzazione della felicità per colui che vive il suo ambiente, e trasmuta grazie ad essa la propria essenza e il suo stare nel mondo; secondo me infatti gli spazi esterni sono un riflesso di uno spazio interno, e proprio per questo un’arte (o una città, urbanisticamente parlando) disordinata è riflesso materiale di una incomprensione, una mancata integrazione, e di un disordine interiore. La vera forma materiale deve intrinsecamente essere legata ad una luminosa sostanza spirituale, e l’atto artistico mi permette di dispormi positivamente in relazione a ciò che osservo.



PAROLA

La seconda risposta del perché uso lo strumento artistico è comunicare la mia individuale esperienza agli altri.

La necessità comunicativa nell’arte dovrebbe funzionare, secondo il mio modesto punto di vista, come il dono della felicità di cui parlava Paramahansa Yogananda: egli affermava infatti che è inutile tentare di riempire in continuazione la coppa della nostra personale felicità, per puro autocompiacimento; è tuttavia importante donare la felicità ed il bene agli altri, per rendersi conto che la nostra coppa è sempre colma di felicità come conseguenza. Modificando il campo in cui siamo immersi modificheremo in positivo (o in negativo, nel caso di pensieri e azioni distruttive) anche il nostro campo, come diretta conseguenza della nostra correlazione. Anche lo studio della fisica più moderna, soprattutto quella quantistica, dimostra ciò scientificamente, nella forma in cui maggiormente ama approcciarsi la mente di un occidentale.


Yogananda, ovvero lo spirituale anche attraverso l'arte
Ritratto fotografico di Paramahansa Yogananda


Quindi se la trasposizione artistica di ciò che porto fuori, alla fine mi regala gioia e continuo a farla con costanza e determinazione col mio lavoro, il comunicarla cercando di regalare la medesima sensazione di gioia a qualcun altro farà del bene sia a me che a colui che osserva e gode dell’opera realizzata. Ciò potrà essere per gli osservatori motivo di gioia, o magari occasione per una riflessione, conscia o inconscia, sul proprio essere ed esistere. Non deve comunque essere motivo per l’artista, di espandere il proprio ego, l’arte fatta per puro e sterile soddisfacimento

delle personalità è effimera, ed in un certo qual modo dannosa per chi la crea e per chi ne gode.

Ovvio che ciò che voglio trasmettere non potrà arrivare a tutti, o allietare o far riflettere tutti allo stesso modo, ma iniziare già facendo questi piccoli passi è un modo per migliorare la realtà che mi e ci circonda nel nostro cammino. Noi siamo i padroni delle nostre parole, azioni e dei nostri stati interiori, e l’artista a maggior ragione dovrà tenere conto di questo importante dettaglio nel suo operare.



AZIONE

La terza risposta è mettermi in comunicazione con la fonte della creazione.

Sembra apparentemente il concetto più complesso, ma è alla fine di una facilità disarmante se si eliminano certi vincoli che abbiamo ereditato , e che giacciono rumorosi nel nostro subconscio per sabotare questa comunicazione.

L’atto artistico è per antonomasia, l’atto del creare. Creare deriva dal latino, e si riferisce al dar vita a qualcosa; assieme al verbo crescere condivide la radice sanscrita KAR. In sanscrito KAR-TR è “colui che fa” da nulla, cioè il creatore.

Il concetto di creare è stato affrontato tanto negli anni passati, dalla psicologia alle neuroscienze, con tutti i discorsi correlati al pensiero laterale o divergente, tutti utilissimi, ma che vanno, secondo me, ampliati.

Creare attraverso l’arte rompe i limiti interiori ed esteriori, le barriere fra me e i prodotti della fonte creativa (che la si voglia chiamare Dio, Universo, Coscienza Universale, Infinito Creatore poco importa, sono solo definizioni umane) permettendomi di essere connesso all’infinito di cui ogni creatura fa parte, tanto più profondamente quanto l’opera mi possa coinvolgere. Non è una vera e propria meditazione come insegnano varie tradizioni spirituali, ma in certi momenti l’analogia con tali pratiche si fa più stringente; l’atto creativo infatti trova una intensa connessione con l’intuizione, e se questa intuizione viene lasciata fluire e assecondata, può aprire un canale con la fonte manifestando nella nostra realtà i frutti, nel caso artistico opere, di questa interazione comunicativa profonda.

Il mettermi in comunicazione con l’energia creatrice è quindi per me elemento imprescindibile del fare arte, perché mi permette di focalizzare gli intenti e agire materialmente nella realtà in cui mi sto manifestando attualmente. Anche per questo motivo spesso le opere sono per me lunghe, complesse e laboriose nel veder la luce, ma alla fine hanno, dal mio punto di vista, un valore in più che permette di arricchirne il significato di sostanza.

Spero che ciò possa giungere chiaro a chi si approccia al mio lavoro, e sarebbe bello poterlo condividere. Ogni persona che godrà di una mia opera, potrà contribuire anche a veicolare questi messaggi, permettendo, nel mio piccolo, al mondo di essere migliore di come lo ho trovato.



Ringrazio tutti coloro che hanno voluto dedicare alla lettura di questo articolo un po’ del loro tempo prezioso e hanno quindi dato fiducia al messaggio che voglio portare avanti.

Viva l’Arte, in tutte le sue forme più virtuose.


Chiunque voglia fa sapere la sua con le proprie personali condivisioni, è il Benvenuto.



[1] http://www.rocaille.it/in-the-studio-of-the-artist-agostino-arrivabene/ [2] https://yogananda.org/it/il-segreto-della-felicit%C3%A0-duratura [3] Luigi Snozzi (Mendrisio, 29 luglio1932 – Minusio, 29 dicembre2020) è stato un architettosvizzero-italiano, considerato uno dei massimi esponenti della nuova scuola d’architettura ticinese.

Post recenti

Mostra tutti
bottom of page